sabato 5 luglio 2008

GLI ESAMI NON COMINCIANO MAI di Valerio Vagnoli

La vera intolleranza è quella … della permissività concessa dall'alto, voluta dall'alto, che è la vera, la peggiore, la più subdola, la più fredda e spietata forma di intolleranza. Perché è intolleranza mascherata di tolleranza. Perché non è vera”. (P.P. Pasolini)
Dal normale parlare tra amici e colleghi sulle rispettive esperienze in questi esami di stato, emergono indicazioni abbastanza convergenti su cosa sia accaduto in alcune commissioni. Dai loro racconti si continua a toccare con mano la devastante decadenza in fatto di conoscenze e capacità di molti dei nostri studenti, che è progressivamente cresciuta dopo l’abolizione degli esami di riparazione e dopo l’abbandono di programmi di studio che avevano un carattere più vincolante e maggiormente condiviso a livello nazionale rispetto a quelli attuali, lasciati troppo spesso all’arbitrio dei docenti e delle loro, a volte, personalissime scelte.
Molti di questi colleghi e amici parlano di risultati veramente disastrosi per italiano e storia, soprattutto negli indirizzi tecnici e professionali. A tale proposito è bene chiarire che non è più accettabile la fin troppo scontata spiegazione che in questi indirizzi è difficile trovare studenti “versati” per le materie umanistiche, visto che da certi racconti sono venuto a sapere che diffusamente si è ignorato cosa fosse la Resistenza e che altrettanto diffusamente sono usciti dei neo-diplomati senza che questi avessero letto nella loro vita scolastica un verso di Dante o, per intero, un qualsiasi romanzo. Non voglio certamente generalizzare, ma gli amici e colleghi che mi hanno riferito di questi disastri sono persone molto serie e soprattutto in grado di capire cosa si può pretendere, per certe materie, in un indirizzo di studi rispetto ad un altro. Forse indagini ben più scientifiche delle mie potranno smentire questi risultati, ma il fatto stesso che si siano verificati, fossero anche limitati a poche classi di Firenze e provincia, dimostrano che il problema, grande o piccolo che sia, esiste.
Come esiste - in questo caso la fonte è del tutto personale e scaturisce dalle risposte dei numerosi studenti con i quali sono solito discutere - un altro sconcertante dato di fatto: il tempo che molti ragazzi dedicano allo studio personale raramente oltrepassa i sessanta minuti al giorno. Anche in questo caso indagini ben più serie delle mie potranno smentirmi, ma il problema esiste, almeno tra la maggior parte degli studenti delle scuole tecniche e professionali che io conosco ed è, ripeto, sconcertante che ci siano ragazzi di 16, 17 e 18 anni che solitamente studiano meno di un’ora al giorno. Perciò, senza che essi siano richiamati dalla necessità di dover fare i conti con uno studio mirato e sufficientemente serio, facciamo finta di ignorare come il resto dei loro pomeriggi sia quasi sempre “consumato” tra un bar e l’altro, tra una play station e lo spedire sms, tra l’assistere ad un litigio televisivo e l’attesa che comunque accada qualcosa a scuoterli dalla noia. Eppure, senza che siano necessarie tante riforme o patinature metodologiche, sarebbe sufficiente che i docenti, almeno quelli che vivacchiano e si accontentano del nulla dei loro allievi, che si accontentano delle interrogazioni programmate e rinviate dagli stessi studenti sine die, che non se la sentono di comminare voti inferiori alla sufficienza, o che cinicamente fingono di essere moderni e all’avanguardia chiacchierando sui problemi della vita come se questi non si spiegassero meglio facendo Dante o obbligandoli a leggere Una questione privata, (ri)cominciassero a lavorare e a far lavorare sul serio i loro studenti. Per dare un senso ai pomeriggi dei ragazzi, occorre dare un senso a quello che si fa loro fare a scuola, occorre chiedergli conto e far pagare anche con voti marcatamente negativi il disimpegno e il loro disinteresse, che nasce anche dal nostro disinteresse e dal nostro cinismo di adulti privi di qualsiasi speranza e inconsapevolmente (si spera) gratificati dal volerli irresponsabili, vuoti, spenti e asini.

3 commenti:

feynman ha detto...

proposta: si mandino per almeno cinque anni gli insegnanti "da liceo" a insegnare in quelle scuole ove hanno fatto gli esami e si sono scandalizzati dell'ignoranza di quegli studenti. E gli insegnanti "incapaci" di quelle scuole a insegnare nei licei. Credo che entrambe le "categorie" di insegnanti ne trarrebbero grande giovamento. E forse anche i loro studenti.

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu

Anonimo ha detto...

La ringrazio per intiresnuyu iformatsiyu