mercoledì 16 settembre 2009

GIORGIO ISRAEL: "SI CERCA DI FABBRICARE IN PERFETTA MALAFEDE UN CAPRO ESPIATORIO"

Il professor Giorgio Israel è uno dei più incisivi e perseveranti sostenitori di una scuola seria, qualificata, rigorosa; l’unica, è bene ripeterlo e ripeterlo ancora, che serva a chi parte socialmente svantaggiato. Il facilismo scolastico è invece classista, perché da una scuola che dà e pretende poco escono attrezzati in modo adeguato solo i ragazzi che “partono bene”, come molti anche a sinistra (non tutti, però) hanno ormai capito.
Ebbene, nei giorni scorsi il professor Giorgio Israel è stato indicato su un blog come l’eminenza grigia delle leggi scolastiche di questo governo e il principale responsabile anche delle sofferenze dei docenti precari. Gravissimo poi è che sia stato prima qualificato come “l’ebreo Israel” e poi accostato a Marco Biagi, in quanto anche lui “puparo” di una riforma, quella del lavoro, per cui le Brigate Rosse decisero di assassinarlo. Di questo attacco intimidatorio e antisemita Israel scrive oggi sul “Giornale”, cominciando col precisare che la commissione sulla formazione dei nuovi docenti da lui presieduta non c’entra un bel nulla con il problema del precariato, che semmai contribuirà a prevenire attraverso l’istituzione del numero programmato nell’accesso ai percorsi universitari che abiliteranno all’insegnamento.
Va anche di nuovo sottolineato, come abbiamo scritto nei giorni scorsi, che se la principale responsabilità dell’odissea dei precari ce l’hanno più o meno tutti i governi che si sono susseguiti negli ultimi decenni (interessi clientelari e scuola come ammortizzatore sociale) con l’evidente connivenza dei sindacati, una notevole influenza l’hanno avuta proprio i gruppi politici e sindacali di estrema sinistra. Che riuscirono a imporre negli anni settanta i corsi abilitanti non selettivi, in cui quasi ovunque si evitò il sia pur minimo accertamento sulla preparazione disciplinare e metodologica dei docenti. E che successivamente continuarono a battere sul “diritto al lavoro”, contando sul perpetuarsi delle sanatorie e senza preoccuparsi delle conseguenze a lungo termine.

martedì 8 settembre 2009

QUALCUNO FARÀ AI NOSTRI RAGAZZI UN DISCORSO COME QUELLO DI OBAMA?

Il saluto di Barak Obama agli studenti americani all'inizio dell'anno scolastico è incentrato sugli stessi valori che lo hanno ispirato nel rivolgersi agli africani e ai neri d'America: responsabilità, impegno, perseveranza sono indispensabili per riuscire nella vita. Nessuna traccia di quella retorica piaciona e giovanilista così frequente da noi in chi parla agli studenti; neanche il minimo cenno a un qualche "diritto al successo formativo".
Pubblichiamo alcuni passaggi particolarmente importanti dell'ampio estratto apparso su La Stampa.it. Il corsivo è nostro.

Ora, io ho fatto un sacco di discorsi sull’istruzione. E ho molto parlato di responsabilità. Della responsabilità degli insegnanti che devono motivarvi all’apprendimento e ispirarvi. Della responsabilità dei genitori che devono tenervi sulla giusta via e farvi fare i compiti e non lasciarvi passare la giornata davanti alla tv. Ho parlato della responsabilità del governo che deve fissare standard adeguati, dare sostegno agli insegnanti e togliere di mezzo le scuole che non funzionano, dove i ragazzi non hanno le opportunità che meritano. Ma alla fine noi possiamo avere gli insegnanti più appassionati, i genitori più attenti e le scuole migliori del mondo: nulla basta se voi non tenete fede alle vostre responsabilità. Andando in queste scuole ogni giorno, prestando attenzione a questi maestri, dando ascolto ai genitori, ai nonni e agli altri adulti, lavorando sodo, condizione necessaria per riuscire. [...]
Non vi piacerà tutto quello che studiate. Non farete amicizia con tutti i professori. Non tutti i compiti vi sembreranno così fondamentali. E non avrete necessariamente successo al primo tentativo. È giusto così. [...]
Nessuno è nato capace di fare le cose, si impara sgobbando. Non sei mai un grande atleta la prima volta che tenti un nuovo sport. Non azzecchi mai ogni nota la prima volta che canti una canzone. Occorre fare esercizio. Con la scuola è lo stesso. Può capitare di dover fare e rifare un esercizio di matematica prima di risolverlo o di dover leggere e rileggere qualcosa prima di capirlo, o dover scrivere e riscrivere qualcosa prima che vada bene. La storia dell’America non è stata fatta da gente che ha lasciato perdere quando il gioco si faceva duro, ma da chi è andato avanti, ci ha provato di nuovo e con più impegno e ha amato troppo il proprio Paese per fare qualcosa di meno che il proprio meglio.

Leggi tutto il testo pubblicato dalla Stampa on line.

lunedì 7 settembre 2009

PRECARI: LE GRAVI RESPONSABILITÀ DI POLITICA E SINDACATI

di Sergio Casprini

Siamo all’inizio dell’anno scolastico, di un anno in cui dovrebbe definirsi il quadro della tanto attesa riforma delle superiori e nello stesso tempo dovrebbero andare in vigore le nuove norme di formazione e reclutamento dei docenti, contestualmente all’approvazione di una legge sulla carriera degli insegnanti con una diversa articolazione di figure professionali; e tutto questo passa in secondo piano a fronte dell’annosa questione dei precari della scuola, che hanno occupato le pagine dei giornali con le loro mobilitazioni in tutta Italia.
Nessuno può negare la gravità del problema di docenti ormai attempati che di anno in anno inseguono il miraggio del posto fisso nella scuola. Per decenni le politiche scolastiche sono state influenzate più dal mito della piena occupazione della “forza lavoro intellettuale” nella scuola e da convenienze clientelari che dall’intento di perseguire la qualità della formazione dei giovani. Un mito non a caso nato negli anni settanta nella sinistra politica e sindacale, ostile al merito e alla necessaria selettività nella formazione e nel reclutamento dei nuovi docenti e incline a confondere il piano della didattica e delle sue necessarie riforme con il piano del diritto al lavoro. Come accadde ad esempio con la riforma dei moduli nella scuola primaria, con cui venne spacciata per grande innovazione didattica (il modulo dei tre maestri in una classe) l’assunzione di molte migliaia di nuovi docenti.
Quanto ad alcune forme di protesta che i precari hanno messo in atto, così come alcune di quelle dello scorso anno contro la riforma Gelmini, continuo ad essere del parere che il fine non giustifica i mezzi, se si vuole rivendicare non solo il lavoro, ma anche la dignità e la responsabilità della professione docente.

giovedì 3 settembre 2009

NOTE SUL GOVERNO DELLA SCUOLA - 3. Organismi studenteschi

Le forme più appropriate di partecipazione studentesca al governo della scuola (s’intende, nelle scuole superiori) non dovrebbero consistere, come si è accennato nella prima di queste tre note, in una presenza diretta, specie se numericamente significativa (e quindi potenzialmente decisiva) all’interno del Consiglio d’Istituto (di Amministrazione, di Indirizzo...), ma nella possibilità di rappresentare in vari modi le proprie esigenze, far valere il proprio punto di vista, avanzare proposte, ottenere informazioni e via dicendo. Oltre a questo, però, sarebbe di grandissima importanza che venisse favorito all’interno delle scuole un autonomo associazionismo degli studenti, con relative libertà e responsabilità. La creazione di associazioni o circoli culturali dotati di statuto, di assemblee elettive e di organismi direttivi costituirebbe infatti un’alternativa molto più soddisfacente e formativa alle estemporanee “autogestioni”, non di rado deludenti, per non parlare dello stanco e diseducativo rituale delle occupazioni. Conservo ancora lo statuto del “Circolo culturale Enea Silvio Piccolomini”, che con alcuni compagni di terza liceo fondammo a Siena con l’accordo e il sostegno del Preside e dei professori (era l’anno scolastico 1967/68). Prevedeva un’assemblea con tre rappresentanti eletti per classe e un consiglio direttivo con tanto di presidente e vicepresidente. Il circolo promosse autonomamente incontri pomeridiani con personalità della cultura e con docenti universitari per l’orientamento di noi maturandi, bandì un concorso di poesia, pubblicò un giornale e organizzò la grande festa di fine anno (con l’Equipe 84: i cachet erano ancora contenuti). Senza perdere un’ora di scuola.

(Giorgio Ragazzini)