lunedì 11 febbraio 2013

ASCOLTA LA PRESENTAZIONE DELLA LETTERA APERTA "CHI VUOLE DAVVERO UNA SCUOLA SERIA? DOMANDE AI PARTITI"

La registrazione è stata effettuata presso il Liceo Tasso di Roma da Radio Radicale, che ringraziamo anche  dell'assistenza tecnica per il collegamento col professor Israel.  Oltre ai giornalisti, ad alcuni docenti e rappresentanti dei genitori, sono presenti gli studenti di diverse classi. Ascolta.

8 commenti:

francini ha detto...

La lettera è del tutto ragionevole e ho aderito volentieri.

Ma io ritengo sia il momento di fare di più.

Non basta più una posizione "difensiva" che punta a resistere o comunque mitigare gli assalti di volta in volta condotti in nome di un'agenda e secondo un disegno complessivo che, essenzialmente, è sempre lo stesso da almeno 10 anni, animato dai medesimi paradigmi.
Per quanto preziosa, questa azione può solo rallentare o attenuare il corso delle cose, ma senza modificarne gli siti, gli sviluppi, la direzione complessiva dei processi.

No, non può bastare. E' ora di riprenderci la scuola.

L'autonomia scolastica va ripensata nel profondo, è stata un fallimento e continuerà ad essere un fallimento, anche se viene potenziata.

La dirigenza scolastica va ripensata, è stata un altro fallimento colossale e continuerà ad esserlo. Le scuole non hanno bisogno di un "dirigente" a capo di esse.

Tutti gli esami finali vanno ripensati. Vanno completamente ridefinite le modalità con cui lo Stato rilascia i titoli di studio in questo momento. Cosa (REALMENTE) attestano i titoli di studio? Cosa lo Stato è in grado di accertare e di certificare (intendo "certificare" nel senso abituale del termine: che una terza persona può riporre una buona fiducia nel fatto che quanto viene certificato corrisponde in misura ragionevole alla realtà delle cose, anche a seguito di eventuali ulteriori controlli)? In questo momento molto poco, forse quasi nulla.

Potrei andare avanti ancora a lungo. Ma il succo è che è venuto il momento in cui cercare di riscriverla l'agenda delle cose da fare, non più limitarsi a tentare di emendare o attenuare gli effetti dell'altrui agenda, senza intaccarne però l'egemonia e rimanendone comunque subalterni.

In ogni caso, un grazie e un incoraggiamento.

Giorgio Ragazzini ha detto...

Rispondo al collega Francini – di cui ho sempre apprezzato gli interventi fin dalla creazione di questo blog e che ringrazio per il sostegno – che non vedo perché la lettera nel suo insieme gli sembri avere un carattere difensivo. Casomai questo si può dire di alcuni punti, ma nelle guerre è forse meno necessario sapersi difendere rispetto al saper attaccare?
Sostenere priorità e metodi in tema di valutazione in alternativa a quanto si prospetta non tende certo a mantenere lo status quo (cioè: nessuna valutazione); se una formazione professionale di buon livello fosse a disposizione dei ragazzi, la scuola cambierebbe e come; se l'aggiornamento, attualmente tanto necessario quanto quasi inesistente, fosse proposto in una forma che ridia dignità e motivazione ai docenti e innalzi senza spese la qualità dell'istruzione, questo sarebbe un bel passo avanti. Quanto alle regole, alle connessa crisi educativa e alla situazione della legalità in Italia, si tratta del problema dei problemi sia per la scuola che per la società.
Si tratta invece di una vera e propria agenda alternativa a quelle “altrui”, con il pregio di indicare obbiettivi molto chiari. A cui naturalmente se ne potevano aggiungere altri, come quelli indicati da Francini, anche se in una forma ancora poco convincente: da che parte infatti dovrebbe portare il “ripensare” la dirigenza, l’autonomia, gli esami?
E se la lettera dovessimo riscriverla ora, personalmente aggiungerei proprio la reintroduzione di una serie di esami, che venga incontro alle esigenze dello sviluppo psicologico dei bambini e dei ragazzi, che ha bisogno di sfide e di prove, e in definitiva di forme aggiornate dei vecchi riti di passaggio.

francini ha detto...

Forse mi sono spiegato confusamente, ma certo non intendevo affatto essere critico verso l'iniziativa. Né affermare che questa lettera in particolare abbia carattere prettamente difensivo. Anzi, direi che è molto incisiva proprio perché, nella sua brevità ed asciuttezza, coglie alcuni punt cruciali. In effetti essa contiene un'agenda in nuce.

Quel che intendevo è che, specialmente se mi guardo attorno, colgo al più la preoccupazione di evitare ulteriori imbarbarimenti (uso ideologico dell'INVALSI o delle tecnologie, didattiche conculcate sotto la retorica dell'"europa" o dell'innovazione, etc.).

Ritengo però che occorrerebbe cominciare a pensare ad una vera controffensiva. Certamente questa lettera contiene germi di un pensiero diverso da quello entro il quale si è preteso di soffocare la scuola. Ma io penso ad una più spinta rottura di alcuni paradigmi dominanti, fondativi dell'attuale stagione della nostra scuola. Questa lettera può esserne per molti versi l'innesco.

Posso anche proseguire con l'elenco di cose che a mio modo di vedere sarebbero da riformattare alla radice: il POF (davvero deve esserci un "documento fondamentale costitutivo dell'identità culturale e progettuale delle istituzioni scolastiche"? ma per quale ragione?), il FIS, la contrattazione d'istituto, l'enigmatica nozione di "successo formativo" (ancor oggi facente parte della legge dello Stato).

E ancora: l'utilizzo fatto dall'Italia dei fondi strutturali legati al PON. Della fioritura di "esperti" e di progetti di ogni risma avvenuta sotto l'ombrello dell'obiettivo convergenza, e della loro reale qualità e ricaduta (nonché dei loro costi e di come altrimenti si potevano impiegare quelle risorse). Non sarebbe l'ora di aprire un discorso serio su questa voragine senza fondo?

E ancora: la dirigenza di MIUR, INVALSI e compagnia bella. Vogliamo parlarne? Vogliamo cominciare a discutere di quali siano i percorsi attraverso i quali vengono individuati coloro che rivestono il compito di governare stabilmente il sistema scolastico (al di là del ministro di turno e il suo staff)? Quali sono i requisiti ed i caratteri che il ceto dirigenziale è chiamato a possedere? Che ruolo vi ha la comunità scolastica e che ruolo dovremmo esigere che abbia?

Ecco, il mio non voleva essere né un rilievo critico né una polemica. Io trovo che ci sia bisogno di un vero e sostanziale ribaltamento, di cui la lettera può essere una preziosa avvisaglia.

Antonello ha detto...

Che giova ne le fata dar di cozzo?
Cerbero vostro, se ben vi ricorda,
ne porta ancor pelato il mento e 'l gozzo.
Dante, Commedia, I, IX, 97-99

Non dico che una scuola seria non la vuole nessuno perché non è vero.
E’ rimasto un manipolo di Presidi e Insegnanti che, come Leonida e i trecento Spartani alle Termopili, sono stati traditi dai vari Efialte di turno e sono ormai accerchiati.

Ma....

Non la vuole il Ministero dell’Istruzione, ormai non più Pubblica, perché il cattocomunismo egualitarista stabilisce apoditticamente che tutti sono in grado di fare tutto: i miei Colleghi di matematica erano sbalorditi quando, nei nuovi testi per le superiori, hanno trovato, nel programma dei c.d. “Complementi di matematica” (un’ora alla settimana) nientepopodimeno che... la Trasformata di Laplace..... si, come no.

Non la vuole il Ministero dell’Economia perché ogni N.A.C.S. costa all’Erario la bellezza di 9600 $ (secondo le stime O.C.S.E.)

Non la vuole il Ministero dell’Interno perché meglio un giovanottino dentro una scuola, anche se nullafacente o peggio di vero ostacolo a una lezione piuttosto che un giovanottino in strada a spacciare o a rubare motorini o auto: un Insegnante costa meno rispetto a un Poliziotto o un Carabiniere e va in pensione a 67 anni contro i 55 del Poliziotto.

Non la vuole Confindustria perché in questo modo riesce ad avere una forza lavoro uscita dai Tecnici che può sottopagare e alla quale può far svolgere mansioni operative che una volta erano riservate a figure lavorative uscite dai Professionali.

Non la vogliono i Genitori che non vogliono stressarsi e far stressare i figlioletti con difficoltà concettuali di livello troppo elevato........

Non la vuole la Lobby dei Docenti Universitari che, sostenuti dalla politica, hanno la scusa per affermare che occorre un’Istruzione “superiore” e così moltiplicare a dismisura il numero delle cattedre, utilizzando poi il prestigio sociale conseguente per ottenere ben remunerati incarichi e consulenze: in Sardegna, un milione e settecentomila abitanti, cioè a malapena il Quartiere Tiburtino e il Prenestino di Roma messi insieme, ci sono due (due) Facoltà di Architettura...
E la lista potrebbe continuare ancora per molto.....

Ducunt volentem fata, nolentem trahunt
L. A. Seneca, Epistulae morales ad Lucilium (107, 11, 5)

Giorgio Ragazzini ha detto...

Ringrazio Francini per le precisazioni. Quanto ad Antonello, la sua fotografia della situazione può essere realistica o pessimista; ma c'è qualche conquista importante che già avesse in partenza un largo consenso?

Papik.f ha detto...

Piccolo episodio avvenuto in un prestigioso Istituto scolastico della mia zona (non quello dove lavoro).
Una collaboratrice scolastica scopre una collega che fruga negli zainetti degli alunni mentre questi sono in palestra e denuncia il fatto.
Reazione della dirigente: lettera di richiamo alla collaboratrice che ha denunciato il fatto perché ha leso il buon nome della scuola.
Nei confronti dell'altra collaboratrice? Nessun provvedimento.
Non sono sicuro che siano solo i politici a non volere una scuola seria.
In realtà mi sembra si stia creando una realtà parallela, fatta di eccellenze certificate sulla carta, senza alcuna attenzione verso il fatto che esse siano realmente tali o no. La presenza di un laboratorio, ad esempio, è importante; del fatto che esso non funzioni per mesi perché le macchine sono guaste e non si provvede in proposito non importa a nessuno. Purché le carte stiano a posto.

Papik.f ha detto...

Chiarimento a scanso di equivoci: del fatto raccontato nel post precedente (collaboratrice che frugava ecc.) c'erano testimoni.

VV ha detto...

Queta non movere è la parola d'ordine che molti dei cosiddetti " servitori dello stato" si danno a giustificazione della loro neghittosa complicità morale per l'amore del quieto vivere e con tutto ciò che di più ignobile caratterizza la mancanza di carattere di parte degli italiani spesso ancora gli stessi descritti dal Manzoni e dal Machiavelli: Vulgo e nient'altro che vulgo. Pezzenti, invece, se si tratta di educatori.