mercoledì 20 marzo 2013

I NEBBIOSI CONFINI DELL’AUTONOMIA SCOLASTICA

Della nascente autonomia scolastica Luigi Berlinguer aveva dato una definizione drastica: tutto ciò che non è vietato è permesso. Già, ma che cosa è vietato? In realtà i confini sono rimasti incerti su moltissimi argomenti, a cominciare dalle Indicazioni nazionali che hanno sostituito i programmi scolastici e che dovrebbero rappresentare i livelli essenziali di prestazione, cioè quello che è obbligatorio fare, sia pure declinato secondo l’autonomia scolastica e professionale. Tuttavia, forse perché la parola “obbligo” è ormai tabù quanto “divieto”, la scuola sta scivolando in una nebbiosa anarchia, in cui norme, circolari, prassi e opinioni si intersecano e si confondono.
Prendiamo la polemica sui criteri qualitativi (valutazioni della terza media, prove di ammissione) con i quali alcuni istituti superiori hanno pensato di selezionare i troppi iscritti. Vi si oppone con molta forza il Ministero, che però, stando alle espressioni riportate tra virgolette dal “Messaggero”, si riferisce a circolari che hanno “raccomandato di scegliere secondo criteri non parziali”. Quindi “pur nel rispetto dell’autonomia delle istituzioni scolastiche, i criteri di precedenza debbono rispondere a principi di ragionevolezza, quali, a puro titolo di esempio, quello della vicinanza della residenza dell’alunno alla scuola o quello costituito da particolari impegni lavorativi dei genitori”. Si tratterebbe dunque non di disposizioni tassative, ma di moral suasion? Quanto alla sensatezza, gli esempi di criteri addotti dal Ministero sembrano del tutto incongrui per le scuole superiori (che, per inciso, i ragazzi di quell’età raggiungono in genere da soli): perché mai infatti dovrebbe essere penalizzato chi viene da lontano, magari perché ritiene migliore un istituto di quello più vicino a casa? Non basta: l’articolo aggiunge – senza spiegare il perché – che è da evitare assolutamente il sorteggio (con l’eccezione della scelta tra due studenti alla pari per tutti i criteri). Eppure sembrerebbe proprio l’alternativa più logica ai criteri basati sul merito.
Inutile continuare nell’esemplificazione di questo andazzo, che non stupisce ormai più di tanto chi vive nel “paese del pressappoco”. Se però qualcuno di buon senso approdasse finalmente (spes contra spem) in viale Trastevere, negli abusati cento giorni dovrebbe alla buon’ora delimitare con chiarezza il dominio della libertà e quello della responsabilità. (GR)

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