È con vero dispiacere che ci troviamo a scrivere in
morte di Sebastiano Vassalli, uno tra i più importanti narratori italiani, ma
anche intellettuale che ha condiviso diverse nostre iniziative.
Tra cui la lettera aperta del 2008 Scuola:
un partito trasversale del merito e della responsabilità e, l’anno scorso,
l’appello Ridateci il silenzio. Contro la
distruzione della quiete pubblica. Ci
ha anche accomunato la critica a Don Milani e alla pedagogia del priore di
Barbiana, che è diventata alla fine, suo malgrado, una sorta di pedagogia di
Stato. Alla storia e al presente della nostra società Vassalli prestava una
attenzione costante in ogni sua opera e in ogni suo intervento sulle più
prestigiose testate giornalistiche nazionali. Mai accondiscendente nei
confronti delle idee correnti, fu sempre vicino a coloro che dalle
idee correnti erano stati schiacciati; fossero questi l'Antonia della Chimera o il Campana de La notte della cometa.
martedì 28 luglio 2015
mercoledì 1 luglio 2015
MA L’INCARICO DATO DAI PRESIDI PUÒ MIGLIORARE LA SCUOLA?
Facciamo
per un momento l’ipotesi che nessun preside nel “chiamare” i nuovi insegnanti
si faccia influenzare da conoscenze, raccomandazioni o pressioni e li scelga
con rigorosa imparzialità nell’esclusivo interesse della scuola. Ammettiamo,
senza concederlo, che sia agevole valutare le qualità dei candidati dalla
lettura dei curricoli e da un colloquio. In altre parole: depuriamo la questione
della chiamata dalle più comuni obbiezioni e limitiamoci a chiederci se
l’innovazione in sé e per sé può essere utile a elevare la qualità media
dell’insegnamento. Ebbene, dato che tutti
i docenti iscritti nelle liste territoriali dovranno trovare una
collocazione, chiamati o sistemati d’ufficio che siano, è evidente che avremo
soltanto un diverso modo di distribuirli fra le scuole. A sentire invece certe aspettative, sembra quasi che così si possa ottenere la moltiplicazione degli insegnanti bravi. La cosiddetta chiamata
diretta potrebbe essere efficace in senso qualitativo in un sistema che alla
fine lasci fuori chi non è stato scelto, in cui ci sia cioè un libero mercato
professionale in cui far valere competenze dimostrabili, la credibilità dei
titoli di studio, le referenze che si è in grado di produrre. Una cosa del
genere non è pensabile in Italia, per la particolare tutela conferita alla
libertà di insegnamento, in qualche modo paragonabile a quella dell’indipendenza
dei magistrati; un sistema che può diventare più flessibile, ma non essere
abbandonato.
Pare
proprio che in genere i legislatori non sappiano valutare realisticamente gli
effetti concreti dei provvedimenti e si lascino invece abbagliare dalle parole
d’ordine alla moda. Un altro caso esemplare è il tormentone sul “premio ai
migliori” come presunta leva per migliorare la scuola, che dovrebbe trovare
attuazione con questa legge. Abbiamo invece più volte fatto notare che i
docenti molto bravi continuerebbero a lavorare bene anche senza aumenti
retributivi, mentre dove questa pratica esiste ha creato scontento e tensioni
all’interno delle scuole. E ci vuole ben altro che qualche centinaio di euro una
tantum per rendere attraente l’insegnamento per i giovani.
Inutile
cercare scorciatoie; per elevare nel breve e nel medio periodo la qualità
professionale del corpo docente alcune scelte sono indispensabili, anche se
indigeste a parte del ceto politico e sindacale:
-
la selezione dei futuri insegnanti deve essere molto più rigorosa anche sul piano
attitudinale oltre che su quello culturale (in Finlandia diventa docente un
aspirante su nove);
- si devono poter allontanare dall’insegnamento i docenti gravemente inadeguati sul piano
didattico o della correttezza professionale, riconoscendo così il merito della
maggioranza dei colleghi seri;
-
un aggiornamento sistematico dovrebbe valorizzare in primo luogo il patrimonio
professionale già presente nella scuola, favorendo lo scambio di idee e di
esperienze;
-
è poi necessario promuovere la cultura del controllo di regolarità e di
legalità su tutti gli aspetti e i ruoli della vita scolastica da parte di un
corpo ispettivo numeroso e preparato;
- e infine è ora
che anche gli insegnanti italiani possano far riferimento a comuni principi
etico-deontologici della professione. Sarebbe un grande contributo alla
ricostruzione del loro prestigio sociale.
Giorgio Ragazzini
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