venerdì 6 gennaio 2017

DOVEROSE INTEGRAZIONI AL DOVEROSO ELOGIO DEL LINGUISTA DE MAURO

È giusto che in queste ore si riconoscano a Tullio De Mauro i suoi grandi meriti di studioso. Ma si devono anche ricordare non poche prese di posizione sbagliate in tema di scuola. La più nota è forse quella che riguardava “la nefasta usanza dei ‘temi’: una cancrena da cui la scuola italiana stenta a liberarsi.” Nella sua rubrica Le parole e i fatti su “Paese Sera” (siamo negli anni ’70), De Mauro si ricollegava a una lunga serie di critici di questa tipologia di testo, elencandone le caratteristiche negative: il privilegiare “lo scrivere lungo rispetto allo scrivere breve”, “lo scrivere rispetto al parlare” e “alla capacità di capire a volo, leggendo e ascoltando”. Ma “quel che soprattutto offende nella turpe e sciagurata pratica viziosa dei temi – concludeva – è che si pretende che il linguaggio giri a vuoto, nel vuoto di cose reali da dire”. L’aspetto da respingere di questa analisi non risiede certo nell’indicare i limiti di questa pratica e tanto meno nel contestarne l'uso esclusivo come verifica delle abilità linguistiche, ma nella violenza verbale con cui viene espressa e nel carattere indiscriminato dell’accusa: possibile, ad esempio, che tutte senza eccezione le migliaia di tracce di temi dettate nelle scuole italiane inducessero all’insincerità e alla vuotaggine? È questo soprattutto che ne fa una presa di posizione fortemente ideologica più che un’utile e costruttiva riflessione. Con la conseguenza che molti insegnanti hanno a lungo fatto esercitare gli allievi sui soli testi “utili” come il verbale e la relazione e che oggi ci ritroviamo esami di Stato basati sull’articolo di giornale e sul “saggio breve”, che presuppongono abilità molto raffinate se si vuole evitare la scopiazzatura dai  documenti allegati o le più trite banalità.
Ma ancora di più pesa il pregiudizio ideologico nel modo in cui De Mauro parla di ortografia negli stessi anni, nei quali caldeggiava il “ribaltamento in senso democratico dell’insegnamento della pedagogia linguistica tradizionale”, che “fin nell’insegnamento ‘innocente’ dell’ortografia […] obbedisce ad un disegno che è un disegno politico, obbedisce cioè al disegno di verificare il grado di conformazione dei ragazzi che passano nelle scuole ai modi linguistici delle classi dominanti”. E ancora: “Cose innocenti come le scempie e le doppie, scrivere o non scrivere provincie con la ‘i’ […] sono portatori [sic] di un virus molto pericoloso. È il virus che uccide spesso irrimediabilmente la capacità di parlare liberamente […] ma spinge a cercare di essere graditi ai rappresentanti delle classi dominanti, essere omogenei in tutto, fin nei punti negli [sic] “i”, a ciò che essi desiderano[1]
Non so se De Mauro abbia poi ripudiato queste affermazioni da libretto rosso maoista. È certo però che ancora nel 2001 usò toni non molto diversi (ed era Ministro della Pubblica Istruzione!) a commento del famoso articolo di Mario Pirani Professori, tornate al sette in condotta. Alla domanda se fosse d’accordo su quella proposta, rispose: "Come no? Ma ad alcune condizioni: il ripristino del primo Gabinetto Mussolini, e se venissero garantiti 20 anni di dittatura, il ritorno alle elementari di quel tempo quando un quarto dei bambini arrivava alla quinta elementare e il 10 per cento dei giovani si iscriveva alle scuole superiori. Se l'Italia tornasse ad essere il Paese in cui il 70 per cento del reddito proveniva dall'agricoltura. Se chiudessero buona parte dei giornali, se venissero sospese le trasmissioni televisive e ripristinata l'Eiar e tutti andassimo a piazza Venezia. Il sette in condotta faceva corpo con questa visione dello Stato. Faceva corpo con le punizioni fisiche" (“La Repubblica”, 25 gennaio 2001). Superfluo commentare.
Di recente, infine, ha dato corda alla demonizzazione della “lezione frontale” (un genere che lui stesso ha praticato estesamente davanti alle più varie platee), in occasione del suo dichiarato sostegno alla metodologia dell’ “insegnamento capovolto”, in cui prima gli allievi leggono in rete i materiali didattici indicati dal docente, per poi discuterne in classe sotto la guida del docente-tutor. «Il nuovo metodo – dice De Mauro – consente di abbattere i totem dell’istruzione, dei veri feticci: il prof in cattedra per la lezione frontale, a raccontare cose che lui o altri hanno scritto in un libro con più esattezza; la verifica orale, in cui uno o due rispondono alle domande e gli altri fanno quello che vogliono; e il manuale, una statua sacra». Invece la classe rovesciata è «uno strumento nuovo e potente per facilitare l’interazione e l’insegnamento personalizzato, evitando grandi perdite di tempo», sostiene De Mauro (“Corriere della Sera”, 13 febbraio 2015).
Sui metodi è opportuno in conclusione invitare ancora una volta a adottare, laicamente, l’atteggiamento più rispettoso e produttivo: quello per cui non devono esistere nella didattica né totem, né tabù, in altre parole né metodi a cui si attribuiscono poteri salvifici, né metodi interdetti come causa di ogni male. Ciascun insegnante ha il dovere di aggiornarsi sui vari approcci possibili, ma anche il diritto di scegliere quelli che più ritiene via via utili, alternandoli a seconda dei momenti, del tipo di allievi e dei suggerimenti forniti dall’esperienza. E dovrebbe essere ovvio, per l’esperienza che tutti abbiamo avuto ascoltando i più diversi oratori, che la lezione definita “frontale” quasi a evocare uno scontro può essere noiosa o interessantissima, inutile o illuminante a seconda della preparazione e delle capacità comunicative di chi parla.
Giorgio Ragazzini

[1] (Relazione introduttiva a Ricerche e proposte per la società e la scuola, di Autori vari, De Donato, 1977, citata in Galli Della Loggia, Credere, tradire, vivere, 2016, Il Mulino).

8 commenti:

Rebert ha detto...

Bene, Giorgio e grazie per queste note, essenziali e fondamentali. Mi giravano in testa ma non avevo sotto mano i dati precisi che tu hai elencato. Il periodo in cui si era dichiarata la morte della grammatica è stato devastante. Raffaele Simone, autore del " famoso" Libro di Italiano, un' antigrammatica, fece dopo un po'una palinodia dichiarando il proprio errore di fondo. Non risulta che De Mauro abbia fatto altrettanto. Qui mi fermo per rispetto, ma è giusto che questo non diventi occultamento e ipocrisia.

paniscus ha detto...

"del suo dichiarato sostegno alla metodologia dell’ “insegnamento capovolto”, in cui prima gli allievi leggono in rete i materiali didattici indicati dal docente, per poi discuterne in classe sotto la guida del docente-tutor."
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Eh, certo, è scontato che gli allievi LI LEGGANO.

Immagino che l'illustre professore abbia sempre solo insegnato in corsi universitari frequentati da adulti che seguivano materie intellettuali di nicchia alle quali si erano iscritti per scelta precisa e per interesse diretto.

Da 60 anni non metteva piede in una bella classe normale frequentata da adolescenti medi (e NON DICO necessariamente una classe-zoo del professionale più infame di un quartiere malfamato, eh... parlo di una qualunque classe normale di adolescenti in obbligo scolastico, una terza media qualsiasi, oppure una prima o una seconda di un istituto tecnico, ma anche di un liceo, dove non cambia gran che)!

Orde di ragazzini che non vedono l'ora di studiarsi da soli a casa del materiale che non è mai stato spiegato in classe, per poi presentarsi davanti al docente tutti fieri di averlo già sviscerato e ansiosi di chiedere ulteriori chiarimenti per approfondire...

Ludovica ha detto...

Scusate. Ho dato una ennesima risposta a Busiride nel post
""COSA CHIEDIAMO ALLA SCUOLA OGGI?" UN RICORDO DI GIORGIO ISRAEL".

Buona continuazione.

Papik.f ha detto...

Il male specifico del lavoro dell'insegnante, cioè quello che più danneggia la qualità dell'insegnamento e il sistema nervoso di chi lo svolge, è appunto il numero elevatissimo di persone che ritengono di poter spiegare come debba essere svolto e spesso hanno anche il potere di influire dal punto di vista normativo e amministrativo sulle condizioni in cui si svolge, senza avere neanche l'idea più vaga di quello che voglia dire concretamente.
Di qualsiasi professionista possiamo fidarci o meno, possiamo apprezzare o meno come lavora, possiamo scegliere lui o un altro, ma un avvocato non pretende di insegnare al medico come fare una diagnosi, né un medico di insegnare all'ingegnere come calcolare una struttura.
Né credo esistano, per dire, teorici dell'ingegneria che emettono normative nel settore senza essersi mai cimentati nello svolgimento della professione e senza consultare chi lo ha fatto. Né mi risulta che esista una classe di “metaingegneri” che si occupa di definire le condizioni di lavoro degli ingegneri in base a riflessioni astratte e senza aver mai fatto parte di questi.
Il lavoro dell’insegnante, invece, non solo pensano di saperlo fare tutti, in particolare certi opinionisti, ma gli insegnanti nel loro complesso sono considerati una categoria di incapaci e ignoranti che debbono essere istruiti sulle basi del loro lavoro da parte di altre persone, in possesso di conoscenze di livello superiore, che in genere in una classe non ci sono mai entrate e si guardano bene anche solo dal pensare di farlo.

Anonimo ha detto...

Non mi è granché piaciuto De Mauro. Ebbi a che fare con lui indirettamente e conosco bene parecchi suoi allievi. Ricevette un'eccellente educazione da un maestro eccezionale: Antonino Pagliaro, il quale ebbe un difetto. Era decisamente fascista e come tale obliato del tutto, a dispetto del valore e dell'opera che prestò al ministero della PUBBLICA istruzione.
Non so se per qualche senso di colpa o per andare dietro al fiume in piena del conformismo montante, ma De Mauro, dopo alcuni studi veramente buoni su Aristotele
e un'edizione del Cours di de Saussure che ha fatto storia in Italia e all'estero, si diede mani e piedi alla cosiddetta educazione democratica, svalutando progressivamente e con un'autorità che cresceva sempre più il modello di scuola cui aveva avuto gratuitamente accesso e che tanto gli aveva dato.
Di conseguenza, ciò che predicò furono mali frutti e i suoi allievi propagarono il mal pensiero ovunque. Fu lui ad affermare che non era necessario saper fare un tema, ma leggere le istruzioni di un elettrodomestico, lui a riempire la linguistica di fantasiosi contenuti glottodidattici presi per buoni da gonzi che oggi insegnano in molte università.
Noi che non ci siamo mai adeguati stiamo a guardare con amarezza i risultati di tutto questo e sappiamo che dobbiamo ringraziare anche lui. Con il suo poeter e la suo autorità avrebbe potuto dispensare ai giovani ciò che aveva ricevuto, sottolineare l'importanza di una formazione seria, storicamente fondata, critica e anticonformista. Non lo fece: gliene diamo atto.
RR

Antonietta ha detto...

...
Scusatemi, ma non concordo affatto con il contenuto del post né con i commenti.
Sono un'insegnante di lettere di scuola media. Da quando lavoro nella scuola (più o meno 15 anni) ho cercato di stare sempre al passo, formandomi, aggiornandomi, studiando la normativa, leggendo libri, ecc. Oggi posso affermare di ritenermi una buona insegnante, anche grazie alla scuola di Tullio De Mauro, ai suoi libri, alla sua opera di divulgazione, al GISCEL e alle Dieci Tesi per l'Educazione Linguistica e Democratica.
Purtroppo non conosco il libro di Italiano di Raffaele Simone, ormai irreperibile, ma conosco quello di Adriano Colombo, mi sono appassionata alla grammatica delle valenze di Francesco Sabatini, adoro gli esperimenti grammaticali di Maria G. Lo Duca. Questi testi hanno rivoluzionato il mio insegnamento e per fortuna le Indicazioni Nazionali e gli autori delle prove Invalsi hanno recepito le istanze innovative in essi presenti.
Quanto all'inutilità del tema come forma di valutazione delle competenze di produzione scritta, credo se ne possa discutere, nel senso che non esiste solo il tema. E un alunno/studente non deve essere capace di fare solo ed esclusivamente quello. Io, ad esempio, lavoro moltissimo, soprattutto in prima media, sui riassunti. E negli anni successivi lavoro molto sulle parafrasi, poiché ritengo del tutto inutile far scrivere temi a chi non ha ancora acquisito la capacità di esprimere un concetto con parole sue. Con questo non voglio dire che non assegno mai temi. Ma il tema, almeno nella mia prassi didattica, è il punto di arrivo: l'alunno scrive il suo tema su un argomento che conosce bene, perché lo ha studiato ed approfondito.

Paola ha detto...

Ma l'anonimato è serio? Boh

Theresa williams ha detto...

Ciao sono Theresa Williams Dopo essere stato in rapporto con Anderson per anni, ha rotto con me, ho fatto tutto il possibile per riportarlo indietro, ma tutto è stato vano, lo volevo tornare tanto per l'amore che ho per lui, lo pregai con tutto, ho fatto promesse, ma ha rifiutato. Ho spiegato il mio problema al mio amico e ha suggerito che dovrei piuttosto contattare un mago che potrebbe aiutare me un incantesimo per riportarlo indietro, ma io sono il tipo che non ha mai creduto in magia, non avevo altra scelta che tentare, io mail il mago, e mi ha detto che c'era un problema che tutto andrà bene prima di tre giorni, che il mio ex tornerà a me prima di tre giorni, ha gettato l'incantesimo e sorprendentemente nel secondo giorno, era intorno 16:00. Il mio ex mi ha chiamato, ero così sorpreso, ho risposto alla chiamata e tutto quello che disse era che lui era così dispiaciuto per tutto quello che è successo che voleva me tornare a lui, che mi ama così tanto. Ero così felice e sono andato a lui che era così che abbiamo iniziato a vivere insieme felicemente di nuovo. Da allora, ho fatto promessa che qualcuno so che hanno un problema di rapporto, mi sarebbe di aiuto a tale persona da lui o lei si riferisce all'unico mago reale e potente che mi ha aiutato con il mio problema. e-mail: drogunduspellcaster@gmail.com lo si può e-mail se avete bisogno la sua assistenza nel vostro rapporto o di altri casi.

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